lunedì, dicembre 16, 2024

Rwanda - Paola Turci




La musica può fare riflettere, sognare,capire e ricordare.
Tra i fuochi in mezzo al cielo è il decimo album di Paola Turci, un lavoro che segna un momento cruciale nella sua carriera. L'artista si presenta qui nella veste di cantautrice a tutto tondo, firmando un disco che è interamente frutto della sua sensibilità artistica. Tra i brani più significativi dell'album spicca Rwanda, una canzone di forte denuncia sociale e civile, che affronta il tema del genocidio ruandese del 1994. Il brano Rwanda racconta con crudezza e poesia la tragedia che colpì il paese africano. Paola Turci si concentra su aspetti dolorosi e troppo spesso dimenticati: le donne vittime di violenza, i fiumi tinti di rosso dal sangue , il traffico sconsiderato di armi che alimentò il genocidio e il silenzio colpevole della comunità internazionale che non intervenne per fermare il massacro. “Sono particolarmente felice del conferimento di questo premio”, ha dichiarato Turci in occasione del Premio Amnesty International Italia 2006, assegnato proprio a Rwanda. “Da un punto di vista personale, ricevere un riconoscimento da un’associazione come Amnesty International è un onore. Da un punto di vista sociale e civile, è fondamentale mantenere viva l’attenzione su quanto accaduto in Rwanda. Troppo poco se ne è parlato, e il silenzio, la distrazione e l’indifferenza con cui si è consumata quella tragedia bruciano ancora”.
Volevo vivere la mia esistenza Lavorando e amando Come ho sempre saputo fare Come ho sempre saputo fare Ma la guerra ha scelto per noi Con le sue leggi senza senso E il paradiso e’ diventato inferno Sentirsi diversi e mostrarsi uguali Ma come si vive se non puoi respirare Ma dimmi come si vive senza ossigeno Ci hanno chiamati per definizione Un avanzo dell’umanità E cosa ancora peggiore Ci hanno lasciati soli in balìa del vento E il fiume ora spinge i suoi morti verso ovest Verso ovest E il fiume spinge i suoi morti verso ovest Ma come puoi vivere se non puoi respirare Ma dimmi come si vive Senza ossigeno quando il silenzio esploderà questa terra sarà già deserto quando la fine arriverà la storia non salderà il conto sembra cosi’ vicina adesso Questa luna fredda, ghiacciata Di fronte alla follia dell’uomo Che non conosce tregua ne’ compassione Ma che cos'è la paura in fondo Quando il vero nemico Il vero nemico E’ il sonno della ragione Perché non puoi vivere Se non puoi respirare Ma dimmi come si vive senza ossigeno Quando il silenzio esploderà Questa terra sarà già deserto Quando la fine arriverà La storia non salderà il conto Quando il silenzio esploderà Questa terra sarà già deserto Quando la fine arriverà La storia non salderà il conto
Il genocidio ruandese è uno degli episodi più sanguinosi del XX secolo. Tra il 6 aprile e la metà di luglio del 1994, in soli cento giorni, vennero massacrate sistematicamente almeno 500.000 persone, con stime che arrivano fino a un milione. Le vittime furono prevalentemente di etnia Tutsi, ma le violenze coinvolsero anche gli Hutu moderati, oppositori del regime. L’odio tra Hutu e Tutsi, alimentato dall’amministrazione coloniale belga, costituì il detonatore della tragedia. Durante il periodo coloniale, i belgi imposero una rigida gerarchia razziale, favorendo i Tutsi, tradizionalmente allevatori, rispetto agli Hutu, dediti all’agricoltura. Questo creò profonde divisioni, che sfociarono in rivolte e massacri. Nel 1959, con il sostegno belga, gli Hutu presero il potere, dando avvio a decenni di persecuzioni contro i Tutsi, molti dei quali fuggirono nei paesi vicini. Durante il genocidio, due gruppi paramilitari Hutu, gli Interahamwe e gli Impuzamugambi, furono i principali responsabili dell’eccidio, utilizzando machete, armi da fuoco e bastoni chiodati per compiere le atrocità. La comunità internazionale rimase perlopiù passiva. La tragedia si concluse solo con la vittoria del Fronte Patriottico Ruandese (FPR), che pose fine al regime genocida e prese il controllo del paese a luglio 1994. Con Rwanda, Paola Turci non solo rende omaggio alle vittime di una delle più grandi tragedie del nostro tempo, ma invita anche a riflettere sulla responsabilità collettiva di fronte alle ingiustizie. Il brano è una testimonianza artistica e civile, un richiamo a non dimenticare e a imparare dal passato per costruire un futuro migliore.























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