Ivano Fossati è considerato uno dei più grandi cantautori italiani, con oltre quarant'anni di carriera I suoi testi esplorano temi esistenziali e universali.
Il brano Pane e coraggio è contenuto nell'album Lampo viaggiatore, pubblicato il 7 febbraio 2003. La canzone rappresenta una fotografia struggente della tragedia dell’immigrazione e della condizione dello "straniero". Il brano ha ricevuto il Premio Amnesty Italia per il suo stile e linguaggio, capaci di sfatare stereotipi discriminatori contro i migranti e di sensibilizzare l’opinione pubblica sull'importanza di tutelare i diritti umani di chi fugge da persecuzioni, povertà e conflitti.
Fossati stesso ha dichiarato:
“Sono da sempre convinto che le canzoni possono fare ben poco contro guerre, ingiustizie e torture, ma so anche che sono buone fiancheggiatrici dello spirito e piccole portatrici di consolazione, di conforto e perfino di speranza. Non è poco. L'onere di opporsi agli orrori del mondo, quello, rimane da sempre nelle nostre mani e nelle nostre volontà. Ricevo con gratitudine il riconoscimento di Amnesty International. Specialmente per Pane e coraggio e specialmente ora.”
Proprio sul filo della frontiera il commissario ci fa fermare su quella barca troppo piena non ci potrà più rimandare su quella barca troppo piena non ci possiamo ritornare. E sì che l'Italia sembrava un sogno steso per lungo ad asciugare sembrava una donna fin troppo bella che stesse lì per farsi amare sembrava a tutti fin troppo bello che stesse lì a farsi toccare. E noi cambiavamo molto in fretta il nostro sogno in illusione incoraggiati dalla bellezza vista per televisione disorientati dalla miseria e da un po' di televisione. Pane e coraggio ci vogliono ancora che questo mondo non è cambiato pane e coraggio ci vogliono ancora sembra che il tempo non sia passato pane e coraggio commissario che c'hai il cappello per comandare pane e fortuna moglie mia che reggi l'ombrello per riparare. Per riparare questi figli dalle ondate del buio mare e le figlie dagli sguardi che dovranno sopportare e le figlie dagli oltraggi che dovranno sopportare. Nina ci vogliono scarpe buone e gambe belle Lucia Nina ci vogliono scarpe buone pane e fortuna e così sia ma soprattutto ci vuole coraggio a trascinare le nostre suole da una terra che ci odia ad un'altra che non ci vuole. Proprio sul filo della frontiera commissario ci fai fermare ma su quella barca troppo piena non ci potrai più rimandare su quella barca troppo piena non ci potremo mai più ritornare.
Il testo della canzone è una riflessione poetica e intensa, ricca di significati profondi, che esplora temi come la speranza, la disillusione e la lotta per una vita migliore. La "frontiera" diventa il simbolo di un confine non solo geografico, ma anche emotivo e culturale, che separa due mondi: quello d’origine, spesso segnato dalla povertà e dalla sofferenza, e quello d’arrivo, che rappresenta la speranza di un futuro migliore. Nella canzone, l’Italia è inizialmente descritta come un sogno di bellezza e armonia, un’immagine idealizzata che si infrange contro la dura realtà della migrazione, dove le aspettative si trasformano in delusione. La frase "da una terra che ci odia ad un’altra che non ci vuole" sintetizza con struggente semplicità il dramma dei migranti: costretti ad abbandonare un luogo ostile per cercare accoglienza in un altro che spesso li respinge. La migrazione viene così rappresentata come una condizione di precarietà continua, un viaggio senza meta definitiva, dove è difficile trovare un posto da chiamare casa.
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