venerdì, ottobre 10, 2025

In fabbrica - Statuto


In fabbrica – Statuto & Gang: significato, analisi e memoria delle lotte operaie

La musica può fare riflettere, sognare,capire e ricordare.
La canzone “In fabbrica”, eseguita dagli Statuto insieme ai Gang, fa parte dell’album Sempre, pubblicato nel 2005 per l’etichetta 2Toni/Venus Dischi. 
Il brano racconta con intensità la durezza della vita operaia, la fatica del lavoro a catena, il desiderio di riscatto e la volontà di non piegarsi più a turni estenuanti per una paga misera. 
Il testo trasmette un forte senso di oppressione, paragonando la fabbrica a una prigione, ma al tempo stesso invita alla resistenza e alla riconquista della dignità. 
Capo capo reparto rallenta la catena che voglio restar vivo prima che suoni la sirena.
E cento cento allora e cento pezzi devo fare non ho neanche il tempo, il tempo per pisciare
La collaborazione tra Statuto e Gang nasce da una comune sensibilità sociale e politica, pur provenendo da percorsi musicali diversi. 
Gli Statuto, storica band ska torinese nata nel 1983 in Piazza Statuto  simbolo della cultura mod cittadina hanno sempre espresso nei loro brani un legame profondo con la classe operaia e le lotte dei lavoratori. 
Si definiscono “operai della musica” e da oltre quarant’anni portano avanti un messaggio di ribellione, solidarietà e impegno civile.
I Gang, invece, sono una formazione marchigiana di folk rock (spesso definito anche combat rock), attiva dagli anni Ottanta.
Ispirati alla cultura punk inglese e al cantautorato sociale, i fratelli Severini uniscono musica e militanza, affrontando temi come la nonviolenza, l’antimilitarismo e la giustizia sociale. 
L’incontro tra le due band ha prodotto una sintesi potente: le sonorità ska degli Statuto si fondono con il folk rock impegnato dei Gang, dando vita a un linguaggio musicale comune. “In fabbrica” è una collaborazione, capace di unire due mondi diversi nella denuncia delle condizioni del lavoro industriale e nella difesa della dignità umana. 
Ma oggi e lunedì si ricomincia la catena. E tiro e tiro avanti per una sporca busta paga ma chi ce stato lo sa che la fabbrica e una galera
Il brano descrive con forza la monotonia e la fatica del lavoro ripetitivo, l’attesa del fine settimana come unica evasione e la rabbia per una “sporca busta paga” che non ripaga la fatica. Versi come “Meglio un posto al sole che un turno alla catena” contrappongono la libertà personale alla prigionia del lavoro meccanizzato, mentre la citazione “Se otto ore vi sembran poche…” richiama esplicitamente il celebre canto di protesta delle mondine, simbolo delle lotte per la riduzione dell’orario di lavoro. 
Se otto ore vi sembran poche provate voi a lavorare e proverete la differenza tra lavorare e comandare. In fabbrica in fabbrica non ci voglio andare, in fabbrica in fabbrica non ci vado più più più più
“Se otto ore vi sembran poche” è infatti un canto popolare di autore anonimo, nato agli inizi del Novecento tra le risaie della Pianura Padana. Intonato dalle mondine durante scioperi e manifestazioni, divenne un inno delle lotte operaie durante il biennio rosso (1919-1920) e successivamente nelle mobilitazioni del dopoguerra e degli anni Sessanta e Settanta.
Il brano esprime la condizione di fatica e sfruttamento delle lavoratrici, ma anche la forza della protesta collettiva per il riconoscimento dei diritti fondamentali. Interpretata nel tempo da numerosi artisti tra cui Giovanna Daffini, Giovanna Marini e Anna Identici  questa canzone rappresenta una delle radici più autentiche della tradizione musicale di protesta italiana. 
Nel richiamarla, “In fabbrica” stabilisce un legame ideale tra le lotte del passato e la condizione contemporanea dei lavoratori, ribadendo l’importanza della memoria, della dignità e della solidarietà.


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