La musica può fare riflettere, sognare,capire e ricordare.
"Piazza Alimonda"è una canzone di grande intensità .
Il testo altamente toccante raffigura una Genova nei giorni del G8, fatta di caldo torrido,morte e follia.
Genova, schiacciata sul mare, sembra cercare respiro al largo, verso l'orizzonte. Genova, repubblicana di cuore, vento di sale, d'anima forte. Genova che si perde in centro nei labirintici vecchi carrugi, parole antiche e nuove sparate a colpi come da archibugi. Genova, quella giornata di luglio, d'un caldo torrido d'Africa nera. Sfera di sole a piombo, rombo di gente, tesa atmosfera. Nera o blu l'uniforme, precisi gli ordini, sudore e rabbia; facce e scudi da Opliti, l'odio di dentro come una scabbia.
Ma poco più lontano, un pensionato ed un vecchio cane guardavano un aeroplano che lento andava macchiando il mare; una voce spezzava l'urlare estatico dei bambini.
Panni distesi al sole, come una beffa, dentro ai giardini. Uscir di casa a vent'anni è quasi un obbligo, quasi un dovere, piacere d'incontri a grappoli, ideali identici, essere e avere, la grande folla chiama, canti e colori, grida ed avanza, sfida il sole implacabile, quasi incredibile passo di danza. Genova chiusa da sbarre, Genova soffre come in prigione, Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione. Dentro gli uffici uomini freddi discutono la strategia e uomini caldi esplodono un colpo secco, morte e follia. Si rompe il tempo e l'attimo, per un istante, resta sospeso,
appeso al buio e al niente, poi l'assurdo video ritorna acceso; marionette si muovono, cercando alibi per quelle vite dissipate e disperse nell'aspro odore della cordite.
Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore, ma come quella vita giovane spenta, Genova muore. Per quanti giorni l'odio colpirà ancora a mani piene. Genova risponde al porto con l'urlo alto delle sirene. Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione, dico nobili uomini, danno implacabile giustificazione, come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare una vita troncata, tutta una vita da immaginare. Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare, c'è traffico, mare e accento danzante e vicoli da camminare. La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l'onda. Ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonda.
La "salvia splendens" luccica, copre un'aiuola triangolare, viaggia il traffico solito scorrendo rapido e irregolare. Dal bar caffè e grappini, verde un'edicola vende la vita. Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita.
«Non volevo fare una canzone dichiaratamente di parte, non per paura o pudore, ma perché preferivo un atteggiamento più soffice, anche se è poi solo apparentemente soffice. Una mattina, nel dormiveglia, mi è venuta l'idea di cominciare con Genova… cercare di descrivere Genova, che è una città curiosa, tra l'altro è la prima grande città che abbia mai visto nella mia vita, molti anni fa. Genova è lunga, schiacciata sul mare, sembra quasi cercare un 'respiro' a largo. Quindi, partendo dall'immagine di Genova, ho immaginato che mentre in città accadevano queste cose violente, fuori magari c'era un pensionato con un cane che passeggiava. Così mi è venuta questa idea.Sono stato diverse volte a Genova negli ultimi tempi. L´ho guardata bene, ho visitato anche piazza Alimonda e ho notato che c´è davvero un´aiuola triangolare. Non è colpa mia se dentro c´è la salvia splendens con il fiore rosso. L´idea è venuta di lì. È l´ultima canzone che ho scritto, l´ho finita il giorno di Santo Stefano. Qualche settimana fa mi ha chiamato il padre di Carlo Giuliani per altri motivi e ho capito che sapeva della canzone. Si era già sparsa la voce, non so come. Mi ha detto che l´avrebbe ascoltata.» Francesco Guccini
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