venerdì, aprile 20, 2007

Io no – Cisco e La Casa del Vento




La musica fa sognare, capire e ricordare.
"Io no" è una canzone frutto della collaborazione tra Stefano "Cisco" Bellotti, ex cantante dei Modena City Ramblers, e il gruppo folk rock Casa del Vento.
Il brano fa parte dell'album Novecento, pubblicato nel marzo 2001, il cui titolo rende omaggio all'omonimo film di Bernardo Bertolucci. La musica, prevalentemente folk rock, unisce strumenti tradizionali e moderni, creando un sound ricco e coinvolgente. Il testo di "Io no" esprime un netto rifiuto dell'indifferenza e della passività di fronte alle ingiustizie, invitando l'ascoltatore a prendere posizione e a impegnarsi attivamente per il cambiamento.
Io no, io no non ruffianerò malgrado mi scappi qualche sorriso. Io no, io no non saluterò quel culo che ride che porti al viso. Non ho pensieri da commerciare e non tacciatemi di cinismo né sentimenti da barattare ho solo un sacco di scetticismo.
Il brano mi richiama alla mente due figure fondamentali della nostra cultura politica e letteraria: Dante Alighieri e Antonio Gramsci. Pur appartenendo a epoche e contesti diversi, entrambi condividono una ferma condanna dell’indifferenza e della mancanza di impegno. 
Io no, io no non mi abbasserò ho membra ricurve di già abbastanza. Io no, io no io non leccherò non merito affatto la sudditanza .Non chiederò il tuo aiuto e allora tu che ti senti così superiore non sono perso affatto ancora .Ho ancora fiato per provare.
Nel Canto III dell’Inferno, Dante riserva una dura pena agli "ignavi", coloro che, pur non essendo stati apertamente malvagi, hanno vissuto senza il coraggio di prendere posizione, rimanendo estranei alla lotta tra il bene e il male.

«Questo misero modo tegnon l'anime triste di coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo Mischiate sono a quel cattivo coro de li angeli che non furon ribelli né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro Caccianli i ciel per non esser men belli, né lo profondo inferno li riceve, ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli». E io: «Maestro, che è tanto greve a lor che lamentar li fa sì forte?». Rispuose: «Dicerolti molto breve Questi non hanno speranza di morte e la lor cieca vita è tanto bassa, che 'nvidiosi son d'ogne altra sorte Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa». E io, che riguardai, vidi una 'nsegna che girando correva tanto ratta, che d'ogne posa mi parea indegna; e dietro le venìa sì lunga tratta di gente, ch'i' non averei creduto.

Nel suo scritto Odio gli indifferenti (1917), Antonio Gramsci esprime un profondo disprezzo per l’indifferenza politica e sociale. Per lui, chi resta neutrale di fronte alle ingiustizie e alle lotte della società diventa complice dello stato di cose esistente. Essere "partigiani" nel senso più ampio significa prendere posizione e partecipare attivamente alla trasformazione della realtà. Gramsci sottolinea che la storia non è frutto del destino, ma delle azioni degli uomini: chi sceglie l’indifferenza finisce, inevitabilmente, per alimentare le ingiustizie.

“...Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

Considerazioni simili fatte da chi paga per una scelta. Dante visse in un’epoca di forti tensioni politiche tra Guelfi e Ghibellini. Partecipò attivamente alla vita politica di Firenze e, a causa delle sue posizioni, fu esiliato. Anche Antonio Gramsci subì le conseguenze del suo impegno: arrestato dal regime fascista, trascorse anni in prigione, dove continuò a scrivere e a riflettere sulle dinamiche del potere, nonostante le gravi condizioni di salute. Morì il 27 aprile 1937 in carcere. Sia Dante che Gramsci ci ricordano l’importanza dell’impegno personale e collettivo. Essere parte della storia significa assumersi la responsabilità delle proprie scelte, senza cedere all'indifferenza. Una consapevolezza difficile da mantenere in un mondo che spesso premia il compromesso, ma essenziale per costruire un futuro migliore.
 

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