Bella Ciao: storia, origini e significato del canto simbolo della Resistenza"Bella Ciao" è una delle canzoni più iconiche legate alla Resistenza italiana, ma la sua storia è molto più complessa e stratificata di quanto si creda comunemente.
Le origini del brano sono ancora oggetto di dibattito.
Secondo alcuni studiosi deriverebbe da antichi canti popolari del Nord Italia, come Fior di tomba, diffuso nella zona padana; altri individuano nel ritornello e nella melodia influenze francesi del Cinquecento.
Un’altra ipotesi rimanda a un canto per bambini lombardo, La me nòna l’è vecchierèlla, che presenta analogie nel testo e nella struttura musicale.
Una scoperta documentata ha però aggiunto un tassello importante: nel 1919, a New York, fu inciso un 78 giri di musica klezmer-yiddish contenente un ritornello identico a quello di Bella Ciao, con il titolo Klezmer-Yiddish swing music.
A portarlo in America era stato Mishka Tsiganoff, fisarmonicista rom originario di Odessa, emigrato negli Stati Uniti, dove gestiva un ristorante e lavorava come musicista klezmer.
Il brano che oggi conosciamo, però, divenne inno della Resistenza solo nel dopoguerra.
L’autore del testo partigiano non è noto.
La sua fortuna cominciò nel 1962, quando Giovanna Daffini incise una versione che non parlava di partigiani ma di mondine, raccontando la dura giornata nelle risaie di Vercelli e Novara.
La Daffini affermò di averla appresa quando lavorava come mondina prima della guerra, e i ricercatori credettero di aver trovato un ponte tra canto contadino e inno antifascista.
Il salto decisivo avvenne nel 1964, quando il Nuovo Canzoniere Italiano portò allo spettacolo del Festival dei Due Mondi di Spoleto un recital intitolato Bella Ciao: la versione delle mondine apriva la serata, quella partigiana la chiudeva.
Ma già nel 1965 emersero dubbi. In una lettera a l’Unità, Vasco Scansani rivendicò di aver scritto il testo della Bella Ciao delle mondine nel 1951, durante una gara di cori tra mondine, e sostenne che la Daffini gli avesse chiesto le parole.
Altri studiosi segnalano che la versione partigiana fu pubblicata per la prima volta nel 1953 sulla rivista La Lapa, e successivamente su l’Unità nel 1957.
La diffusione definitiva arrivò con l’interpretazione di Yves Montand e la visibilità internazionale del Festival di Spoleto.
Nel frattempo, ricerche successive individuarono tracce del canto anche prima della guerra, e testimoni riferirono che subito dopo la Liberazione un gruppo di giovani italiani lo improvvisò durante un congresso giovanile internazionale.
Quanto al suo utilizzo durante la vera Resistenza, non ci sono prove certe.
Alcuni affermano che fosse cantata dalla Brigata Majella in Abruzzo nel 1944 e da altre bande dell’Italia centrale, ma non esistono conferme documentali affidabili.
Nonostante le incertezze, Bella Ciao è diventata il canto simbolo del 25 aprile e della memoria antifascista.
Nella versione partigiana, Bella Ciao racconta la storia di un combattente disposto a sacrificarsi per la libertà contro l’“invasore”.
È un testo così duttile e inclusivo da unire le diverse anime politiche della Resistenza, cattolici, comunisti, socialisti, liberali, tanto da essere cantato perfino alla chiusura del congresso della Democrazia Cristiana che elesse segretario l’ex partigiano Benigno Zaccagnini.
Nella versione delle mondine, invece, emerge la denuncia delle condizioni durissime nelle risaie: la fatica, lo sfruttamento, il “capo col bastone” come simbolo dell’autorità oppressiva.
Ma nella canzone c’è anche una speranza verso il riscatto, il desiderio di un lavoro libero e dignitoso.
(Bella ciao dei partigiani)
Una mattina mi son svegliato
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
una mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.
O partigiano portami via
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
o partigiano portami via
che mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e se io muoio da partigiano
tu mi devi seppellir.
Seppellire lassù in montagna
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
seppellire lassù in montagna
sotto l'ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e le genti che passeranno
mi diranno che bel fior.
E questo è il fiore del partigiano
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e questo è il fiore del partigiano
morto per la libertà.
Alla mattina appena alzata
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
alla mattina appena alzata
in risaia mi tocca andar.
E fra gli insetti e le zanzare
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
e fra gli insetti e le zanzare
un dur lavoro mi tocca far.
Il capo in piedi col suo bastone
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
il capo in piedi col suo bastone
e noi curve a lavorar.
O mamma mia o che tormento
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
o mamma mia o che tormento
io t'invoco ogni doman.
Ed ogni ora che qui passiamo
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
ed ogni ora che qui passiamo
noi perdiam la gioventù.
Ma verrà un giorno che tutte quante
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
ma verrà un giorno che tutte quante
lavoreremo in libertà.
La prima apparizione di Bella Ciao in televisione avvenne nel 1963, nella trasmissione Canzoniere minimo.
A eseguirla furono Giorgio Gaber, Maria Monti e Margot, che la cantarono però senza l’ultima strofa (“questo è il fiore del partigiano, morto per la libertà”).
Gaber ne incise una versione su 45 giri solo nel 1965.
Nel tempo la canzone è stata reinterpretata da un numero crescente di artisti, dando vita a numerose versioni che hanno contribuito a diffonderla e a mantenerla viva.
Più recentemente nel 1994 i Modena City Ramblers hanno riproposto il brano in una versione che unisce il loro stile folk irlandese all'energia e alla passione del canto originale, arricchendolo con strumenti come violino e fisarmonica.
La loro interpretazione ha contribuito a far conoscere Bella Ciao alle nuove generazioni.
Nata come simbolo della Resistenza italiana, Bella Ciao ha assunto nel tempo un significato universale di lotta per la libertà e i diritti civili.
È stata cantata e adottata in movimenti di protesta in tutto il mondo: dalle manifestazioni di Gezi Park a Istanbul nel 2013 contro il governo Erdoğan, alle commemorazioni successive all'attentato a Charlie Hebdo nel 2015.
Nel 2017, la serie TV spagnola La Casa di Carta ha riportato la canzone a una fama planetaria, utilizzandola come simbolo di ribellione contro l’autorità.
Da allora il brano è stato tradotto, reinterpretato e remixato in decine di paesi, diventando un inno globale.
Nel tempo, il termine “invasore” ha assunto un significato più ampio rispetto al riferimento originario: oggi rappresenta qualsiasi forma di oppressione, autoritarismo o ingiustizia.
Questa elasticità ha permesso alla canzone di adattarsi a contesti storici, politici e sociali molto diversi, mantenendo intatta la sua forza espressiva.
Bella Ciao non è più soltanto un canto della Resistenza italiana: è un simbolo internazionale che continua a ispirare chi combatte per la libertà e contro ogni forma di sopraffazione.
Che risuoni nelle piazze o venga reinterpretata in nuovi linguaggi culturali, il suo messaggio di speranza e resistenza resta vivo e attuale.
●COVER
- 1967 Milva nell'album I Successi (versione mondine)
- 1994 Modena City Ramblers nell'album Riportando Tutto a Casa
- 1996 Giovanna Daffini nell'album Amore Mio Non Piangere
- 1997 Motivés nell'album Chants De Lutte
- 2002 Giovanna Marini nell'album Il fischio del vapore (versione mondine)
- 2010 Giorgio Gaber nell'album Italian Classics:Giorgio Gaber Collection, Vol.2
- 2018 Goran Bregovic nell'album Welcome to Goran Bregovic
- 2019 Banda bassotti nell'album La Brigata Internazionale
- 2019 Marlene Kuntz e Skin “MK30 – Covers & Rarities”
- 2023 Francesco Guccini "Canzoni da osteria"
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