Ci sono canzoni che non invecchiano mai, che continuano a suonare attuali anche a distanza di decenni. Povera patria di Franco Battiato, pubblicata nel 1991 nell'album Come un cammello in una grondaia, è una di queste. Con parole dure ma sempre eleganti, Battiato mette a nudo il degrado politico e morale dell’Italia di allora: la corruzione dilagante, gli abusi di potere, l’indifferenza di una classe dirigente lontana dal dolore della gente comune. Non a caso definisce i governanti “perfetti e inutili buffoni”, e descrive lo “stivale” che affonda “nel fango dei maiali”.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! Questo paese è devastato dal dolore...Ma non vi danno un po' di dispiacere quei corpi in terra senza più calore?È una canzone che parla direttamente della nostra patria, l’Italia, resa fragile da chi dovrebbe guidarla e invece la trascina verso il basso. Una lenta devastazione, fatta di stragi, tangenti e vittime dimenticate. La fotografia di un Paese dove persino la morte sembra non scuotere più nessuno.
Eppure, dentro questa denuncia amara, resta un filo di speranza. Lo si sente chiaramente nel ritornello:
“Non cambierà, non cambierà… sì che cambierà, vedrai che cambierà.”
Una frase che suona come un invito a credere in un cambiamento possibile, anche quando tutto sembra perduto.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali che possa contemplare il cielo e i fiori, che non si parli più di dittature se avremo ancora un po' da vivere...La primavera intanto tarda ad arrivare
Non è un caso che Povera patria sia considerata una delle vette artistiche di Battiato: vinse la Targa Tenco come miglior canzone dell’anno e superò le 250.000 copie vendute. Ma, soprattutto, resta oggi una delle testimonianze più forti dell’impegno civile del cantautore.
Ascoltarla adesso, fa quasi impressione: sembra scritta ieri. Forse perché, purtroppo, molte delle ferite che Battiato denunciava non si sono ancora risolte.
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