giovedì, dicembre 04, 2025

Il bonzo - Enzo Jannacci


Il bonzo – Jannacci: significato, storia e origini del brano con Dario Fo

La musica può fare riflettere, sognare,capire e ricordare.
Il bonzo è una canzone nata dalla collaborazione tra Enzo Jannacci e Dario Fo, due importanti artisti italiani.
Il brano ha origine nel teatro politico: infatti fu scritto per lo spettacolo La passeggiata della domenica, realizzato negli anni Sessanta dal cabarettista belga Georges Michel e diretto da Dario Fo.
All’inizio la canzone si chiamava Ora importa anche a me della mia libertà: il testo era stato scritto da Fo insieme ad Aurelio “Cochi” Ponzoni, mentre la musica era di Jannacci.
Il brano fu inciso per la prima volta da Dario Fo nel 1968 con il titolo originale Ora importa anche a me della mia libertà. La prima versione con il titolo Il bonzo uscì invece nel 1974, interpretata dal duo comico Cochi e Renato (Aurelio Ponzoni e Renato Pozzetto). La loro interpretazione restava fedele allo spirito originario del pezzo, conservandone l’ironia, il tono grottesco e la comicità surreale tipica dei due artisti.
Nel 1975 Jannacci inserì Il bonzo nel suo album Quelli che…. In questa edizione il testo è attribuito a Aurelio Ponzoni e Dario Fo, mentre la musica a Dario Fo.
Lo stile del brano mantiene i tratti tipici del cantautore: ritmo veloce, arrangiamento essenziale e una combinazione di satira e poesia.
L’album Quelli che…. è considerato una pietra miliare della musica italiana ed è incluso nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre stilata da Rolling Stone Italia.
Tra le altre tracce di rilievo presenti vi sono Vincenzina e la fabbrica e Quelli che….
Il titolo fa riferimento ai bonzi, i monaci buddhisti che durante la guerra del Vietnam si davano fuoco per protestare contro l’intervento degli Stati Uniti. Il loro gesto è diventato simbolo di una lotta estrema per la libertà e in particolare è ispirata alla morte di Thích Quảng Đức.
Il testo richiama anche il periodo dell’emigrazione operaia italiana in Belgio negli anni Cinquanta e Sessanta. Migliaia di italiani partirono per lavorare nelle miniere, affrontando turni estenuanti e condizioni di sicurezza precarie. La tragedia di Marcinelle, nel 1956, con 136 italiani morti su 262 lavoratori, segna profondamente la memoria dell’emigrazione industriale europea.
Io c’ho la macchina c’ho un bel mestiere e non faccio il minatore c’ho la mutua c’ho la casa al terso piano e c’ho i servizi col bidet cosa interessa a me della mia libertà
Nella canzone il protagonista inizialmente non si interessa dei problemi del mondo: ha lavoro, casa e una vita tranquilla, e tutto il resto gli sembra lontano.
Ma la situazione cambia quando perde ogni cosa: lavoro, casa e perfino la moglie.
Non c’ho più la macchina son disoccupato la mia donna mi ha lasciato sensa mutua sensa casa non c’ho piu’ neanche il bidet. Sono qui peggio di un bonzo non c’ho neanche la benzina per bruciaaaarrr 
Solo allora capisce davvero il valore della libertà.
La frase “Non c’ho neanche la benzina per bruciaaaarrr…” esprime in modo ironico questa consapevolezza.
La satira svela il meccanismo dell’egoismo borghese: ci si accorge dei diritti solo quando vengono meno.
Ora importa anche a me della mia libertà la versione originaria del brano che diventerà Il bonzo è una canzone che usa l’ironia per parlare di temi seri: indifferenza, responsabilità, diritti, impegno civile. Lo fa con leggerezza, ma senza mai rinunciare alla profondità. È uno di quei brani che, ascoltati oggi, continuano a ricordarci che la libertà non è un fatto privato e che la consapevolezza arriva spesso quando è già troppo tardi.
Un piccolo capolavoro nato dal teatro, diventato musica, e ancora capace di far riflettere.

lunedì, dicembre 01, 2025

La zolfara - Ornella Vanoni


La zolfara – Ornella Vanoni: storia, significato e memoria di una tragedia siciliana

La musica può fare riflettere, sognare,capire e ricordare.
Ornella Vanoni è stata una cantante, attrice e conduttrice televisiva italiana, ed è considerata una delle interpreti più importanti della musica nazionale. Ha iniziato la sua carriera negli anni Cinquanta e ha attraversato oltre sette decenni di attività. Celebre per la straordinaria versatilità, ha spaziato dalle canzoni della mala al pop d’autore, approfondendo anche la musica brasiliana grazie a prestigiose collaborazioni e lavorando con musicisti di rilievo dell’ambiente jazz. Nel corso della sua lunga carriera ha pubblicato più di cento lavori tra album, EP e raccolte, vendendo complessivamente oltre 65 milioni di dischi. Ha partecipato a numerose edizioni del Festival di Sanremo e ha ricevuto diversi riconoscimenti dal Club Tenco.
Nel dicembre del 1959 uscì il suo secondo EP, Le canzoni della malavita vol. 2, che comprendeva Hanno ammazzato il Mario, La zolfara, Ma mi e Le mantellate. 
Alcuni di questi brani, appartenenti al repertorio delle cosiddette “canzoni della mala”, suscitarono inizialmente dubbi presso la censura radiotelevisiva, che li considerava troppo crudi o poco adatti alla diffusione. 
Tuttavia, le interpretazioni di Vanoni  caratterizzate da una timbrica vocale insolita e da uno stile espressivo originale catturarono subito l’attenzione del pubblico e della critica.
La zolfara, in particolare, era una reinterpretazione di un brano scritto da Michele L. Straniero e Fausto Amodei, inciso per la prima volta da Pietro Buttarelli nel 1958 nell’EP Cantacronache 1.
L’anno successivo Ornella Vanoni ripropose il brano, realizzandone una versione che divenne anch'essa molto apprezzata , contribuendo così a consolidare il suo ruolo di interprete.
Otto sono i minatori ammazzati a Gessolungo. Ora piangono, i signori e gli portano dei fiori.
“La Zolfara” di Michele Straniero racconta le tragiche condizioni dei minatori siciliani e prende come riferimento la miniera di Gessolungo, una delle più importanti e allo stesso tempo più segnate da sciagure della Valle dell’Imera, in provincia di Caltanissetta. 
La canzone fa riferimento alla tragedia del 1958, quando un’esplosione di grisù provocò 14 vittime, ma si estende idealmente a tutta la lunga storia di incidenti che hanno caratterizzato quella miniera.
Tra questi, il più grave fu l’incidente del 1881: uno scoppio di grisù causò 65 morti, tra cui molti carusi, bambini e adolescenti costretti dalla miseria a lavorare sotto terra.
I carusi affrontavano condizioni estremamente dure: turni massacranti, carichi pesantissimi, violenze e privazioni. 
Molti morirono nell’anonimato, diventando il simbolo dello sfruttamento minorile nel mondo dello zolfo.
Dopo la dimostrazione Gesù Cristo li ha chiamati, con la sua benedizione li ha raccolti fra i beati.
La durezza della vita degli zolfatari fu raccontata anche da Luigi Pirandello. 
Nella novella Il fumo, l’autore descrive la valle delle zolfare come un ambiente infernale, fatto di fatiche estreme, sfruttamento economico e totale mancanza di tutela per i lavoratori. 
In Ciàula scopre la luna, la figura del giovane caruso Ciàula rappresenta un’umanità schiacciata dalla miseria e dalla fatica, che trova un momento di meraviglia e liberazione nella visione della luna dopo una notte di lavoro in miniera.
La miniera di Gessolungo, attiva dal 1839, rimase in funzione per oltre un secolo, fino alla sua chiusura definitiva nel 1986. 
La sua storia è oggi ricordata come una delle testimonianze più significative delle dure condizioni dei minatori siciliani e delle tante vite spezzate nel lavoro dello zolfo.
Nel 2007 La zolfara è stata nuovamente incisa dal gruppo Têtes de Bois all’interno dell’album Avanti Pop, che ha ottenuto la Targa Tenco nella sezione interpreti.
La zolfara non è soltanto una canzone: rappresenta un vero e proprio documento storico, una testimonianza cantata del dolore, della fatica e della dignità dei lavoratori siciliani. Grazie all’interpretazione intensa di Ornella Vanoni, il brano si trasforma in un racconto coinvolgente che unisce musica, denuncia sociale e memoria delle tragedie minerarie.