martedì, novembre 05, 2019

Sette fratelli - Mercanti di Liquori

 

La musica può fare riflettere, sognare,capire e ricordare.
Sette fratelli dei Mercanti di Liquore e Marco Paolini  è dedicata alla storia dei sette fratelli Cervi.
Gelindo (classe 1901), Antenore (1906), Aldo (1909), Ferdinando (1911), Agostino (1916), Ovidio (1918), Ettore (1921).Tutti nati a Campegine (Reggio Emilia), tutti fucilati dai fascisti tre giorni dopo Natale il 28 dicembre 1943 nel poligono di tiro di Reggio Emilia.

"Mi hanno sempre detto tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta' la figura è bella e qualche volta piango. Ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l'ideale nella testa dell'uomo"
Alcide Cervi


C'erano sette fratelli (Gelindo) che andavano per il mondo (Antenore) sei erano sempre allegri (Aldo) il settimo (Ferdinando) sempre giocondo (Agostino) sei andavano a piedi (Ovidio) perché non avevano fretta (Ettore...) il settimo invece perché (Ettoreee...) non aveva la bicicletta. La leggenda dirà dell'ultima battaglia dove cantò la cicala, ora abbaia mitraglia una muta di cani la notte ha circondata il fumo lecca i muri della casa incendiata. Ma quando li portarono alla crudele morte non eri tu, fucile, il più fermo, il più forte. C'erano sette fratelli che andavano per il mondo (Gelindo) sei erano sempre allegri (Antenore) (Aldo)il settimo (Ferdinando) sempre giocondo (Agostino) sei andavano a piedi (Ovidio) perché non avevano fretta (Ettore...) (Ettoree...)il settimo invece perché (Ettoreee... vien casa) non aveva la bicicletta. E nella nebbia dell'alba si nascosero i cani e chiusero gli occhi per non vedersi le mani. Negli occhi dei sette Cervi l'aurora si specchiò, dagli occhi fucilati il sole si levò, vecchio tenero padre, olmo dai sette rami, nella vuota prigione, per nome ancora li chiami. C'erano sette fratelli (Gelindo) che andavano per il mondo (Antenore) sei erano sempre allegri (Aldo) il settimo (Ferdinando) sempre giocondo (Agostino) (Ovidio) sei andavano a piedi (Ettore) perché non avevano fretta (Ettore...) il settimo invece perché (Ettoreee... vien casa... i fascisti) non aveva la bicicletta. E a notte fra le sbarre, fin dove soffia il vento, intatte vedi splendere sette stelle d'argento, sette stelle dell' Orsa come sette sorelle, i cani non potranno fucilare le stelle, sette stelle dell' Orsa come sette sorelle, i cani non potranno fucilare le stelle.



La canzone è nell'album Sputi del 2004 di Marco Paolini e i Mercanti di Liquore .
Il  testo della canzone è tratto dal poema di Gianni Rodari .
COMPAGNI FRATELLI CERVI Dedicato a papà Cervi nel suo ottantesimo compleanno e alle giovanissime generazioni d'Italia A papà Cervi con ammirazione con affetto 
I Bella Emilia, splendeva la polvere delle tue strade che si aprono il passo fino al cuore verde della pianura - Ora immobili al sole, ora smarrite nel labirinto delle vigne, dove il campanello di una bicicletta sembra squillare in cielo con le allodole o sugli olmi affollati di cicale - come splendeva, Emilia, la tua pace il giorno che Aldo Cervi guidò il trattore nuovo verso casa e bastava la mano sul volante a domare il puledro di ferro dal muso fiammante e il cuore prestava le sue parole alla cieca canzone del motore : Trattore, passa e va! Le case si affacciavano in cima alle cavedagne, mandavano filari, mandavano cani festosi e bambini dalle voci più acute delle frecce incontro al suo ruggito, e un ragazzo che a scuola le vecchie favole aveva sentito rise : Guardate Atlante, il gigante che regge il mondo in collo! Perché sulla macchina alto in trono viaggiava un mappamondo, solenne goffo re da biblioteca esiliato fra i campi, e ad ogni scossa la sua rotazione attorno ai poli mostrava i continenti di sette colori e gli oceani celesti, navigati da flotte di arcipelaghi, l'Asia, l'Europa, l'Africa, l'America ? alla spinta d'un dito giravano in un vortice di trottola, e il cane impazzito abbaiava alla giostra, e i bimbi gli volevano mostrare l'Italia che bagna il piede del mare e lì è casa nostra, noi siamo lì sotto l'unghia. Balenò sulla sfera il riflesso di fiamma del trattore, si bagnarono acque e terre in un bagliore d'incendio e di sangue. II Sette fratelli come sette olmi, alti robusti come una piantata. I poeti non sanno i loro nomi, si sono chiusi a doppia mandata : sul loro cuore si ammucchia la polvere e ci vanno i pulcini a razzolare. I libri di scuola si tappano le orecchie. Quei sette nomi scritti con il fuoco brucerebbero le paginette dove dormono imbalsamate le vecchie favolette approvate dal ministero. Ma tu mio popolo, tu che la polvere ti scuoti di dosso per camminare leggero, tu che nel cuore lasci entrare il vento e non temi che sbattano le imposte, piantali nel tuo cuore i loro nomi come sette olmi : Gelindo, Antenore, Aldo, Ovidio, Ferdinando, Agostino, Ettore ? Nessuno avrà un più bel libro di storia, il tuo sangue sarà il loro poeta dalle vive parole, con te crescerà la loro leggenda come cresce una vigna d'Emilia aggrappata ai suoi olmi con i grappoli colmi di sole. III La leggenda dirà della mano, grossa mano contadina, che ogni sera in cucina a un lume di lucerna fece sul mappamondo il suo viaggio cercando fraterna altre mani, altre genti; dirà degli occhi fermi che videro città gonfie di vita e giardini e feste dove toccavano caute le dita sabbie di deserti, mistero di foreste; dirà di sette fratelli, fratelli a tutta la terra, che sognarono un mondo senza fame, senza guerra, senza paura. Ai quattro venti, fuori, la pianura spalancava le braccia nel buio, su tutta Italia era notte e paura, ma, nella stanza, intrepida una voce parlava col domani : Un giorno sarà tutta la terra di un solo colore, il colore della libertà. D'un ceppo la vampa nel vasto focolare ancora un lampo di sangue strappò sulla piccola terra, ed un'ombra più lunga l'ingoiò. IV La leggenda dirà che lunga notte, Italia, fu la tua, rotta dal canto ubriaco del fascista? Cara patria, terra avara, non era la tua voce che cantava la sconcia canzone: essa tremava nelle nostre gole, pianto e maledizione, quanto tu ci mandavi per il mondo a seminare paesi e città perché di terra nostra non avevamo da riempire il pugno ; e quando morivamo abbandonati sull'orlo delle trincee tu non eri la bandiera usurpata di tante stolte guerre, ma il pianto oscuro della madre ignara, non eri il proclama del generale ma la nenia, il lutto degli alpini che vanno alla guerra, la meglio gioventù che va sotto terra. Tu non hai mai parlato dai balconi dei palazzi pieni di boria, tu disertavi le adunate imperiali, battevi con le nocche insanguinate i muri delle prigioni, sibillavi in segreto la tua storia, eri la penna che graffiò paziente i quaderni di Antonio Gramsci, il giornale proibito, il volantino di cui ogni parola era pagata con un anno di galera ; sei cresciuta nelle officine, nelle grige periferie, nella stalla del contadino. Italia, tu vivevi nella casa di Fraticello, seduta al focolare dei Cervi, non padrona né schiava ma sorella e compagna di fatica e d'amore. E quando lo stivale straniero calcò il tuo cuore e infangò le tue strade, la tua bandiera sventolò sui monti, vegliò ai fuochi fumosi delle baite, viaggiò segreta nella bicicletta del gappista, brillò nei suoi occhi d'acciaio, e i tuoi sette fratelli, i tuoi sette Cervi dal limpido cuore furono i tuoi sette fucili, per colpire ti diedero gli artigli : "I cani ci chiamano banditi, ma il popolo conosce i suoi figli" V La leggenda dirà di una casa emiliana che materna abbracciò coi suoi muri il fuggitivo braccato dai cani, e per l'inglese, il russo prigioniero impastò il pane con tenere mani, e vegliò il lor sonno. Il cuore non conosce frontiere, per donarsi non chiede passaporti. A te, a te aviatore americano delle tue bombe non ti chiese conto, gettate sulle nostre città sui nostri morti, ma fasciò la tua ferita. La tua vita, nel Texas, nel Nevada, fu comprata con la vita di sette comunisti, e la loro casa fu bruciata, la loro madre uccisa dal dolore perché tua madre non dovesse piangere. VI La leggenda dirà dell'ultima battaglia : dove cantò la cicala abbaia la mitraglia. Una muta di cani la notte ha circondata, il fumo lecca i muri della casa incendiata. Ma quando li portarono alla crudele morte, non eri tu, fucile, il più fermo, il più forte. Nella nebbia dell'alba si nascosero i cani, e chiusero gli occhi per non vedersi le mani. Negli occhi dei sette Cervi l'aurora si specchiò, dagli occhi fucilati il sole si levò. Vecchio, tenero padre, olmo dai sette rami, nella vuota prigione per nome ancora li chiami, e a notte fra le sbarre fin dove soffia il vento intatte vedi splendere sette stelle d'argento. Sette stelle dell'Orsa come sette sorelle. I cani non potranno fucilare le stelle. VII Vecchio nodoso come un olmo antico, pianta potata dai miei sette rami, che dura scorza gli anni e il nemico hanno fatto al mio volto, alle mie mani. I Cervi, è buona terra : ara, nemico, affonda il vomero nelle mie carni, coi pugnali dell'erpice colpisci: morte puoi darmi, male non puoi farmi. E' buona terra questa carne antica. mieti, nemico, le mie sette spighe : il grano non muore nel pane, non sono morti i miei sette figli che hanno dato la vita alla vita. In tutto ciò che vive sono vivi, in tutto ciò che spera sono vivi, in tutto ciò che soffre e lotta vive i miei figli per sempre sono vivi. VIII Li hanno veduti su tutti i fronti? E quando irresistibile, fiorita di rossi fazzoletti partigiani la primavera dirupò dai monti a rendere la patria agli italiani Erano il canto più ardito, la lagrima più stellante di gioia, i colori più belli dell'aprile i compagni fratelli Cervi? Li hanno visti nel Sud vestito di nero e di sole quando uscì dalle grotte di Matera una valanga umana a conquistare la patria e la terra ; uomini, donne, bimbi arruffati e puri negli stracci, e gli animali dall'occhio fraterno, cavalli, asini, muli, e le bandiere e i santi paesani sui ricamati stendardi, tutti quel giorno, Italia, ti baciarono, ti tolsero gli spini con mano amorosa. C'erano, c'erano i Cervi a Melissa, anche di loro la terra fu rossa, e sul primo trattore che la vittoria si scavò tra i cardi. alto su tutti gli sguardi C'era il mio Aldo, e fu il suo canto un tuono : Bandiera di libertà, trattore passa e va! E li hanno visti a Modena, un mattino d'inverno che ai cancelli delle Fonderie Riunite chi chiedeva lavoro ebbe piombo : a Reggio Emilia, quando ci destò l'indomabile rombo del "fischione", e i nostri bimbi piangevano di nascosto dal padre battuto per le strade, e l'inverno fu duro, ma a Natale il loro albero crebbe favoloso tra le macchine salvate, nero presepe fu la fonderia dell'Erre Sessanta, e un canto di vittoria cantarono angeli in tuta turchina con le ali macchiate di grasso : Bandiera di pace e di libertà, trattore, passa e va! Dove la pianta uomo non si umilia, ma di tutto il suo sangue fu una bandiera accesa di coraggio, là sono vivi i miei figli, a Genova, nel porto conteso : oggi la prima linea passa tra le banchine, sui moli si tende il reticolato, la trincea è scavata nelle case dove non c'è più pane ma non entra viltà? I sette Cervi scendono con voi sulle piazze d'Italia quando scoppia come un uragano di speranza la parola della classe operaia? Stretti con voi nei banchi di scuola, con voi si macchiano il dito di inchiostro, Scrivete : Italia? E' il loro nome, e il vostro. Sgranate gli occhi limpidi sul mappamondo, fragile giocattolo fatto per un festoso girotondo, ed essi, guidano la vostra mano di frontiera in frontiera a cercare i fratelli sconosciuti e vicini, e segnano per voi nel cuore delle genti la strada della pace, e vi dicono : Un giorno la terra conoscerà un solo colore, quello della felicità. Allora sarà vostra Come una palla, come una trottola. Come il cuore che vi fa vivi e buoni. La prenderete allegri sulle spalle. Vi presteremo noi la vostra forza che non conosce nemici : perché voi siete degli olmi nuovi e noi siamo le vostre radici. Gianni Rodari Reggio Emilia 8 maggio 1955 
 
 

 FILM REBEL

 
Anno 1968
Durata 1h 45min
Età T
Regista Gianni Puccini
Cast Gian Maria Volonté Aldo Cervi Don Backy Agostino Cervi Riccardo Cucciolla Gelindo Cervi Renzo Montagnani Ferdinando Cervi Carla Gravina Verina, moglie di Aldo Cervi Serge Reggiani Ferrari, antifascista in carcere
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



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